Quando giunse la grande notizia del nostro trasferimento per Napoli, notizia attesa e desiderata fino allo spasimo dai miei genitori, la gioia di mamma, specialmente, fu indescrivibile; ella vedeva terminare finalmente quella specie di esilio che era stato per lei il soggiorno a Bologna, ed avvicinarsi il momento nel quale sarebbe ritornata nel suo bel Sud.
Infatti, sebbene fosse di origine pugliese, aveva pure vissuto a Napoli per qualche anno, appena sposata, e là era nata Teresa, la sua prediletta primogenita, e poi io; questo era bastato perchè conoscesse bene la città e se ne innamorasse con tutta l'anima. Con grande entusiasmo ci descriveva la sua bellezza, il suo clima dolce, il suo bel mare azzurrissimo, via Caracciolo, il Vomero, tutte notizie che noi ascoltavamo piuttosto tiepidamente, proprio per compiacerla, come se la cosa non ci riguardasse.
Invece, anche mio padre era felicissimo, sebbene esternasse con più moderazione la sua soddisfazione, pure la sua fisionomia schietta ed espressiva rivelava la gioia del suo cuore; egli aveva a Napoli ed a Frattamaggiore, dove era nato, molti parenti ed in modo particolare le sue sorelle, quindi nostre zie, Maria Grazia, Nicoletta ed Amalia, che in verità non conoscevamo affatto, ma alle quali egli era profondamente affezionato, e, naturalmente, non vedeva l'ora, anche lui, di riabbracciarle.
A noi bambine, invece, dispiaceva abbastanza l'idea di lasciare Bologna, per me almeno era così; dopo il primo impatto mi ero bene ambientata, a scuola le compagne, la maestra di quarta, "signora caposcuola"come la chiamavamo, mi erano diventate familiari e mi sentivo da esse apprezzata; c'erano poi gli zii, zio Ottavio e zia Margherita, i cuginetti Giovanni e Roul, ed i nostri cari amici Landolfi, Laureati, la cara signorina Venturi col piccolo Gianni ed altre affettuose conoscenze.
E poi la città, con la sua signorile bellezza, la sua atmosfera fatta di calma e gentilezza, la sua gente cordiale ed aperta mi aveva completamente conquistata, ma dovetti rassegnarmi, sperando timidamente che forse anche a Napoli mi sarei trovata bene.
Intanto dovevamo finire l'anno scolastico: Teresa frequentava il primo anno dell'istituto magistrale, io la quarta elementare e Marcella la seconda classe; non potevamo certo interrompere le lezioni con il rischio di perdere l'anno. Scadeva anche il contratto capestro dell'ineffabile signor conte Sassòli Tomba, nostro padrone di casa, per cui o dovevamo rinnovarlo per un altro anno (pagamento anticipato) oppure dovevamo andarcene.
Il problema fu risolto imballando tutti i nostri mobili ed ogni altra cosa, compreso il nostro caro piccolo pianoforte viennese, depositandoli in un magazzino, mentre babbo avrebbe iniziato il suo lavoro a Napoli, dove premevano che prendesse servizio,e, lasciando libera la casa, trascorrere in albergo i restanti due mesi, fino alla nostra partenza per Napoli.
Come temporanea residenza ci fu indicato un antico e caratteristico albergo, che, pur non essendo lussuoso, era però molto confortevole. Si chiamava "Albergo Cappello", in via dell'Orologio, se ricordo bene. C'era anche annesso un buon ristorante, ma noi non vi andammo mai, preferendo prendere i pasti in camera, una camera grande come un salone, arredata con mobili un po' vecchiotti dall'aria familiare e simpatica; due o tre finestre davano sulla strada e la rendevano molto luminosa, e davanti ad una di queste finestre c'era un bel tavolo antico, sul quale mangiavamo, e, dopo la scuola facevamo i nostri compiti.
Furono due mesi incantevoli: il gran freddo ormai era lontano, la primavera trionfava ovunque; il fatto originale e nuovo di vivere in albergo, con tanto di cameriere e camerieri ci rendeva allegre ed euforiche. Avevamo poi fatto amicizia con le figliuole del proprietario dell'albergo, affettuose e carine, e questo ci permetteva di scorazzare un pò dappertutto, dalla stireria candida e luminosa al grande terrazzo dell'ultimo piano, che dava direttamente sui tetti, cosa che ci incantò, perchè non avevamo mai visto i tetti da così vicino, bastava scavalcare la ringhiera di ferro del parapetto per poter passeggiare sulle tegole rosse, come facevano i gatti del vicinato, ma che noi, naturalmente ci guardavamo bene dal fare.
La compagnia delle due nuove amiche era simpaticissima; più grandi di età, penso abbiano avuto dai sedici ai diciassette anni, amavano moltissimo chiaccherare insieme con noi, di scuola o di altro, magari sfaccendando, oppure ammirando verso il tramonto il panorama estesissimo della città, che si offriva alla vista dal grande terrazzo, dove in genere, c'era un gran sventolio di biancheria candida dell'albergo distesa ad asciugare.
Anche a me piaceva tanto guardare quella immensa distesa di tetti sovrastati dalle varie cupole delle chiese, e dall'immancabile torre degli Asinelli svettante in mezzo a lieti voli di rondini.
Ed ora un grazioso particolare; avevano queste giovinette un bellissimo gatto soriano ed un allegro cagnolino nero, i quali erano incredibilmente amici tra di loro, ed il nostro grande divertimento era vederli giuocare insieme contanta vivacità ed anche con tanta grazia! Una volta, per mostrarci l'affetto che univa le due bestiole, una delle ragazze rinchiuse il cane in uno stanzino, e bisognava vedere con quale impegno l'amico gatto cercava, con salti acrobatici, di smuovere la maniglia della porta per liberare il cagnolino che uggiolava pietosamente! ed il bello fu che fra tutti e due riuscirono ad abbassarla, quella benedetta maniglia, almeno quel tanto che permise al prigioniero di uscire, ed allora le grandi feste che si fecero furono proprio commoventi!
Un altro buon ricordo ci lasciò l'ottima cucina bolognese, che avemmo modo di apprezzare pranzando ogni giorno alla carta della cucina dell'albergo; la piccola Marcella, la nostra sorellina minore era impazzita per i tortellini, e spesso faceva i capricci per averli, tanto che il cameriere che ci seviva il pranzo in camera, sempre lo stesso, scherzando la chiamava "la signorina tortellini"
Se si aggiunge a tutto questo il buon umore di mamma per la prossima partenza, i simpatici pomeriggi presso la cara signorina Venturi, le vacanze estive che si avvicinavano, ed anche, perchè no? infine il viaggio fino a Napoli e la nuova vita che ci aspettava, dipintaci a tinte rosee, si comprenderà come la vita non poteva apparirci più radiosa e spensierata di quanto si potesse desiderare!
Partenza
Giunse infine il giorno della partenza per la nuova destinazione: Napoli! Chiuse ormai le scuole, noi tre tutte debitamente promosse, venne il gran giorno. Ricordo vagamente un mare di valigie, tante locomotive sbuffanti un denso fumo nero e così rumorose che ci frastornavano, un pò di angoscia interiore che non voleva lasciarmi.
Per fortuna mio padre, che non perdeva mai la calma, ci pilotò in tutta quella confusione verso il nostro treno, e ci sistemò in uno scompartimento che ci sembrò bellissimo, tutto vuoto e tutto per noi, cosa che ci rese felici e soddisfatte.
Bello anche questo ! E come un filmato rappresenta la vita della famigliola che come la mia ha girato per lavoro l'Italia.Ciao Pio
RispondiElimina