La chiesetta di via dei Grifoni
Proprio all'inizio della breve e stretta via dei Grifoni poco dopo il nostro portone di ingresso, si apriva una portoncina piccola e scura che immetteve in una graziosa piccola Cappella, dove la domenica andavamo ad ascoltare la Messa. Era appena più grande di una stanza comune, aveva la volta a cupola dipinta di azzurro e disseminata di stelle di argento, così che il piccolo altare nel fondo sembrava campeggiare dell'infinito. L'effuso misticismo dell'ambiente ben si accordava al dolce lirismo delle nostre anime in preghiera; poche persone ci venivano, qualche vecchietta vestita di nero, altre giovinette silenziose e devote, e noi così, quasi sole davanti a quel piccolo altare illuminato, con il sacerdote che pregava sottovoce, sotto quella volta azzurro-stellata...
Mai dopo ho provato l'impressione così perfetta di spiritualità, di serenità e di pace, come in quella chiesetta, che ci parlava soavemente di un mondo relale, dolce eppure così lontano...
I nostri amici Landolfi
Erano trascorsi già alcuni mesi dal nostro arrivo a Bologna, quando, anche questa volta in modo diverso dal solito, facemmo la conoscenza, trasformatosi poi in solida ed affettuosa amicizia, di una famiglia di origine meridionale, che venne a d occupare un appartamento nel nostro stesso palazzo, appartamento che in un primissimo tempo avevamo noi stessi abitato; lo cambiammo poi con l'attuale casa, prospiciente via dei Grifoni, perchè troppo grande ed anche per il fitto altissimo, per noi troppo caro.
Avvenne che la signora Marani, esattrice del proprietario del palazzo (a proposito, questo proprietario si chiamava conte Sassoli-Tomba, cognome che in un primo tempo spaventò tanto mamma, che, superstiziosa, non ne voleva più sapere di fare questo contratto ed abitare questa casa; poi si piegò davanti alla difficoltà di trovare un altro alloggio, rarissimi in quel periodo a Bologna, ed anche per la comodità di abitare vicinissimi al posto di lavoro di mio padre, ufficiale nella caserma del 35esimo fanteria, che si trovava appunto un pò più in giù, nella nostra stessa strada), la signora Marani, dicevo, una donna molto vivace, intelligente e sbrigativa, come la maggior parte delle bolognesi, in una delle consuete visite per riscuotere l'affitto, disse a mamma che nel palazzo c'era una signora, arrivata da poco tempo anche lei, che piangeva sempre e si disperava per aver dovuto lasciare Napoli, dove prima risiedeva, per l'avvenuta promozione del marito, colonnello del Tribunale militare di Bologna. Disse ancora di aver parlato di noi a questa famiglia, al quale aveva espresso subito il desiderio di conoscerci.
Figuriamoci! A mamma non sembrò vero, e fu subito combinata una visita, per cui in un bel pomeriggio di dicembre, i signori Emanuele e Bianca Landolfi vennero a trovarci, e quella fu la prima di numerosissime visite che ci scambiammo da allora in poi.
Erano, i Landolfi, delle ottime persone, appartementi all'alta borghesia napoletana; lui, il colonnello, ancora abbastanza giovane, sui quaranta, forse, aveva una persona sottile ed aristocratica, i lineamenti fini, e vivaci occhi azzurri, che aveva trasmesso a due dei loro figlioli, a Lucia, sedicennne, ed a Vittorio, di un anno minore, mentre Anna, la terzogenita, aveva i begli occhi scuri della madre, afflitta però da notevole strabismo.
ahhhhhh che bello leggere questi ricordi!
RispondiEliminaa parte che sono scritti molto bene, fanno vivere la genuinitá di un italia che non c'é piú...
dimenticavo.... :-) un caro saluto Mario, e grazie di postare queste cose che fanno sempre bene
RispondiEliminaT'ho fatto sorridere!!!! grazie a te Laura!!
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