I primi mesi trascorsi lassù, furono quindi per noi assai penosi e permeati di una tristezza alquanto
incomprensibile per noi bimbe; e
specialmente per me, che con la beata incoscienza dell'infanzia, mi ero subito
perfettamente ambientata nella nostra piccola casa, molto più gaia e graziosa della nostra vecchia casa di Bari. Inoltre il fatto di essere tutti insieme, di avere vicino a me le persone che amavo tanto mi rendeva felice, e mi sembrava anzi di vivere un'avventura
straordinaria.
Abitavamo al quinto piano di un palazzo appena ultimato, senza ascensore,
naturalmente, appannaggio questo di pochissimi
privilegiati ed a me del tutto sconosciuto; e per noi,
avezzi ai primi piani delle case del sud, quell'altezza sembrò vertiginosa ed emozionante. Mi piacque, però: quella immensa distesa di tetti rossi aveva un che di fiabesco e di infinito, ed i vari abbaini che sporgevano
qua e là diventavano ai miei occhi le porticine misteriose e proibite di abitazioni di fate che mi divertivo a
contemplare al mattino dietro le finestre della nostra piccola camera.
Marcella, come al solito, partecipava molto a queste mie fantasiose
interpretazioni; noi
continuavamo ad
intenderci a
meravignlia, quasi senza
parlare, e questa
comunanza di pensieri, deliziosi nella loro ingenuità, costituiva il più profondo legame fra noi, e dava ai nostri
giuochi il più dolce senso di sicurezza e di pace.
L'anno 1925 fu
caratterizzato da un inverno freddissimo, assai più freddo del solito, per cui a Bologna nevicò in modo veramente eccezionale; immaginarsi la nostra meraviglia ed emozione, non avendo mai visto la neve prima; quintali e quintali di neve si
accumularono sui tetti, con grande pericolo per i passanti,
poichè non di rado enormi blocchi di neve ghiacciata si staccava dal resto, sia per l'enorme quantità, sia per un improvviso aumento anche minimo della temperatura, e precipitava giù, nella strada con un rimbombo così profondo e rumoroso da sembrare una cannonata!
Ma anche camminare sotto i portici, altra grande novità per noi, era pericoloso; uno strato di ghiaccio, sottile come un velo, rendeva
sdrucciolevole al massimo il loro pavimento, e con molta facilità si assisteva a scene di gente che prendeva dei grandi scivoloni sempre
preoccupanti per le possibili conseguenze. Avevamo ripreso ad andare a scuola,
naturalmente, e questa volta in una scuola comunale, la scuola "
Morandi Manzolini", in via Andrea Costa, una strada abbastanza vicina a casa, dove mamma dovette rassegnarsi a mandarci a piedi, anche con la pioggia!
Probabilmente la faccenda dei portici dovette
rassicurarla sugli eventuali pericoli per la nostra salute, e così ogni mattina, nostro padre o, più spesso, il nostro attendente, sempre ligio e puntuale, ci
accompagnava alle lezioni, aiutandoci anche a portare le nostre pesanti cartelle di fibra (allora si usavano così).
Anche la nuova scuola era molto bella; ampi corridoi con vetrate, che davano sul giardino, dove si svolgeva la ricreazione, aule grandi e luminose, molta disciplina; l'atmosfera che vi regnava era però assai diversa da quella della scuola di Bari; più sciolta, più libera, senza quella specie di sacro timore che era un
pò diffuso dovunque nel vecchio istituto che avevamo frequentato.
Forse perciò. nonostante la mia timidezza, non mi sentii mai imbarazzata e inibita, come prima spesso mi succedeva, ma, anzi, assunsi subito un contegno tranquillo e sicuro, anche se
internamente non fossi poi tanto tranquilla, sia con le insegnanti che con le compagne, le quali, devo riconoscere, non mi
dimostrarono mai
nè diffidenza,
nè ostilità, nonostante la mia provenienza dal sud, ed anzi,
accorgendosi del mio buon italiano, e forse anche per la serietà della mia fisionomia, presero a trattarmi con un certo rispetto, pur non cercando mai di diventare mie amiche.
In realtà eravamo troppo diverse, proprio come se
appartenenti a mondi diversi; fra l'altro non capivo affatto il loro dialetto con il quale fra di
loro si esprimevano, ad anche il fatto di essere sempre
accompagnata mi isolava un
pò da tutte. D'altronde neanche io cercai mai la loro amicizia, e riuscimmo perciò ad andare sempre d'accordo.
Anche le mie sorelle si trovarono bene in questa scuola; Teresa frequentava la quinta elementare, e si trovava nella classe della signorina
Scannagatti, cognome che in principio ci sembrò piuttosto buffo; in seguito, con l'abitudine non ci si fece più caso, anche
perchè si dimostrò un insegnante davvero brillante; Marcella invece, in prima elementare, ebbe come maestra la signorina
Zarri, dal carattere forte, un
pò suscettibile, ma pieno di dignità ed
anch'essa molto preparata e ligia al suo compito. Era anche
professoressa di
pianoforte e avemmo modo di conoscerla bene
perchè, in seguito, divenne la nostra insegnante di piano.
Così pian piano la vita cominciò a svolgersi in modo regolare e tranquillo, anche se mamma continuava ad
attraversare nei momenti neri, nei quali la nostalgia della sua gente, della sua terra, di tutti i suoi parenti, le sorelle Matilde, Nina, Claudia, i fratelli Federico e Felice, i tanti nipoti, ella apparteneva a una famiglia assai numerosa, l'assaliva ed allora erano pianti, lunghi e desolati che noi bimbe osservavamo sbigottite ed addolorate. Si ammalò, alla fine, di una notevole pleurite, dovuta forse al gran freddo al quale non era abituata nonostante il caldo dei
termosifoni (altra grande novità per noi); e
fu un bene,
forse, per lei,
poichè l'istinto della
conservazione ebbe buon giuoco sulle sue malinconie, e, affidatasi alle cure di un buon medico, il bruno e aitante
dott. Baldi, seguì
scrupolosamente le sue
prescrizioni, ed il desiderio di guarire... la guarì
effettivamente!
Fu proprio in questo periodo che la bontà e il buon carattere di mio padre si
manifestarono in tutta la loro evidenza; come sempre e più di sempre egli fu per noi la speranza, la gioia di vivere, , l'allegria, in una parola, la felicità! Le cure che ebbe per mamma (
incominciava la mattina a prepararle
personalmente lo zabaione ordinatale dal dottore) furono veramente commoventi; l'
affettuosità del suo animo, i suoi continui
incoraggiamenti, l'ottimismo che irradiava intorno a
sè, ci aiutarono a superare ogni
preoccupazione, a risolvere ogni problema. Divenne per noi proprio il nostro nume tutelare, bastava che entrasse
in casa,
perchè la luce e la
serenità invadesse il nostro animo;
poichè egli vedeva ogni avvenimento nella sua giusta luce, e dove poteva portare il suo aiuto era felice di darlo, perfino, per esempio nell'
accontentare i
capriccetti di Marcella, la più piccola e perciò la più teneramente viziata.