lunedì 13 luglio 2009

Chiuso per ferie

Ebbene sì, sto partendo per le vacanze, e saranno lunghe. Ci risentiremo, penso dopo il 15 agosto. Ringrazio tutti quelli che mi hanno onorato della loro visita, dei loro commenti, insomma della loro graditissima amicizia. Arrivederci a presto e buone vacanze per tutti!
cellenelcuore 2008 Celle Ligure (Liguria, italy)

venerdì 10 luglio 2009

Grandi maestri dell'acquarello: David Cox (1783-1859)

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David Cox nasce in un sobborgo di Birmingham nel 1783 in una famiglia di artigiani. Il padre è un fabbro o, meglio, un artigiano del ferro, realizza infatti oggetti di varia natura che vanno dai ferri di cavallo, alle canne da fucile , alle baionette. David si dimostra subito poco adatto al pesante lavoro di bottega e quindi viene avviato agli studi di disegno e di decorazione. E' appunto come decoratore e miniaturista che trascorre alcuni anni, e successivamente come pittore di scene teatrali. Nel 1804 si trasferisce a Londra dove diventa allievo di John Valrey ( 1778-1842). Dopo il suo matrimonio, nel 1808 si trasferisce a Dulwich, a sud di Londra, ed inizia la sua attività di insegnante di disegno .


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Nel frattempo realizza numerosi disegni e schizzi, è molto meticoloso e severo con stesso, tanto che ha l'abitudine di buttare molti disegni all'insaputa della moglie che tendeva invece a conservarli. Inizia pure un'attività di esposizioni presso la Royal Academy dal 1805 in poi. Nel giugno del 1810 viene eletto membro della Old Water-Colour Society, dove espone fino al 1859. Dal 1815 al 1827 insegna a Hereford, viaggia nel Galles, nelle Fiandre e in Francia. Nel 1830 torna a Londra e quindi nel 1841 ad Harborne, vicino a Birmingham. Pubblica alcuni manuali di successo, il primo dei quali, "Treatise on Landscape Painting and Effect in Water-Colour", viene stampato nel 1814 e ha molte edizioni fino al 1841. Dai suoi scritti e dalle testimonianze dirette dei suoi biografi si ricavano alcuni principi fondamentali del suo lavoro e dei suoi insegnamenti. In primo luogo la tavolozza, che è costituita da: gamboge , ocra chiara , lacca, vermiglione, terra di siena bruciata, bruno van dick, blu di prussia, indaco, nero, seppia, rosso indiano , cobalto. Grande sostenitore della necessità e della valenza di un accurato disegno preventivo, assegnava ad esso la condizione indispensabile per una stesura del colore sciolta e veloce. Asseriva , in proposito, che chi dedica tempo alla completezza del disegno, può cosiderarsi oltre la metà del lavoro. Nel 1836 Cox scopre una carta particolare, che usa poi per molti suoi disegni ed acquarelli. Si trattava di una wrapping paper (carta da pacchi/imballaggio), proveniente dalla Scozia, fatta di tela di lino delle vecchie vele, successivamente sbiancata. Una carta a grana molto grossa e irregolare, molto adatta al tipo di pittura da lui praticata, che consisteva in stesure di colore applicate con grossi pennelli molto carichi di pigmento. Operava sempre con velocità , con tratti di matita decisi, interrotti solo dalla rugosità della carta. I suoi paesaggi sono quindi disegnati con tocchi nitidi, spesso angolati e nervosi, quasi vribranti , modalità che si riscontra anche nell'uso del pennello. Molti disegni e schizzi sono realizzati con il carboncino o con il gesso nero, che vengono lasciati trasparire sotto i pigmenti. Le tinte sono molto fluide, ma non acquose. Usava spesso una ripetizione di tocchi successivi di colore, lasciando però ben asciugare lo strato di colore sottostante. Questo uso di tocchi separati di colore è una particolare caratteristica della pittura di Cox, che lui stesso definisce "a mosaico". Per questo si differenzia moltissimo dalla tecnica dei suoi maestri (in particolare J. Valrey) o da quella di Cotman, ma è più vicina a quella di Constable. Per queste particolari modalità di accostamenti di colore, può essere considerato un precursore degli impressionisti.




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testo liberamente tratto da Martin Hardie: "Water-Colour Painting in Britain" - vol II - Batford - London 1967 foto 1- D. Cox: "Pastoral Scene in Herefordshire"1824, Private Collection, Courtesy Agnew's, London 2- D. Cox: "The Beach at Rhyl" 1854, University of Liverpool Art Gallery and Collection Sir Sydney Jones 3- D.Cox: "Still-Life",1830 , Tate Gallery. London 4-D. Cox: "The Challenge: A Bull in a Storm on a Moor",1856, The Board of Trustees of the Victoria and Albert Museum, London

mercoledì 8 luglio 2009

...e quattro!

Acquarello 32 X 44 
Questao è il quarto studio con il soggetto della "lanca del fiume Adda". E' l'ultima prova dove ho cercato di rimediare alle carenze presenti negli altri tre studi. Credo che il risultato sia più soddisfacente: la relazione tra i verdi e tra i piani è più accurata, così come gli effetti di trasparenza dell'acqua. Almeno mi pare che sia così. Comunque è stato un bell'esercizio con un soggetto piuttorto difficile per me. Per il momento rimango sulle rive dell'Adda e spero di poter produrre ancora qualcosa camminando sui sentieri di questo splendido luogo.

venerdì 3 luglio 2009

Memorie di vecchi tempi: 9 - la partenza

Vol. I Bari 1920 - Bologna 1924 Delle fatiche e del trambusto stranamente ricordo molto poco, eppure si era nel maggio dell'anno 1924, dunque avevo circa otto anni; forse perchè continuammo ad andare a scuola fino all'ultimo giorno prima della partenza, dove ci tratteneva mo fino alle quattro o alle cinque del pomeriggio; tornate a casa Cosimina pensava a farci fare i compiti nella nostra camera, mentre espletava lei stessa qualche lavoretto per tenerci compagnia, così poco vedevamo di quello che accadeva nel resto della casa. Falegnami, traslocatori e altri artigiani lavoravano alacremente per imballare tutto l'arredamento della casa, poichè le tecniche che usavano allora erano del tutto diverse da quelle di oggi; di tipo rudimentale, ed i mobili venivano, prima ricoperti ed incappucciati di tela di sacco, giornali e tanta, tanta paglia per cercare di ripararli dall'umidità e dalla pioggia, dovendo viaggiare in ferrovia, e poi, si può dire, ingabbiati in assi di legno robuste per cui occorreva l'aiuto del falegname; di tutto questo, però, ripeto, ho un ricordo molto vago, mentre ricordo molto bene la bella carrozza imbottita, carica di valigie, che ci condusse alla stazione, la nostra ultima passeggiata per le vie di bari in una di quelle simpatiche carrozze baresi che mi piacevano tanto. Ma una sorpresa graditissima ci attendeva al treno in partenza per Bologna: una vera marea di persone amiche si era formata sulla banchina; tutti avevano trovato il tempo di venirci a salutare, con una profusione di fiori, di auguri, di arrivederci presto! una vera esplosione di rammarico da parte di tutti che ci diede la misura di quanto fossimo stati benvoluti ed amati; in realtà mamma si era saputa creare una fama di ottima padrona di casa, di persona di grande garbo e signorilità; babbo, con la grande simpatia personale che sapeva ispirare, non aveva mai avuto neanche l'ombra di un nemico, anzi,sia fra i colleghi che fra i suoi soldati, era molto amato e stimato. Per questo fu tutto molto commovente e fra le mie memorie infantili questo avvenimento mi è rimasto vivamente impresso nella mente; non piansi perchè ero piuttosto restia a lasciarmi trasportare e soverchiare dalle mie emozioni, inoltre, tutto sommato l'idea di partire mi seduceva abbastanza, ma fui presa ed affascinata da questa effusione di tenerezza e di amicizia che ci avvolgeva con tanta sincerità; molte amiche di mamma piangevano addirittura, la piccola signora Patruno, che aveva sempre avuto un debole per Teresa, volle darle una prova del suo affetto, e toltasi un anello dal dito glielo pose ad un suo ditino, dicendole: tienilo per mio ricordo! Quando il treno si mosse ci salutarono a lungo, agitando le mani,e la gente estranea, alla stazione, guardava con curiosità tutte quelle persone, pensando forse a chissà quale personaggio partisse, ed anche vedendo mamma piangere a calde lacrime nel salutare la sua cara gente barese; poi il treno si mosse e nella sua corsa si allontanò; allora rientrammo nel nostro scompartimento colmo di mazzi di fiori profumati, la sera discendeva, le luci si accendevano, ed anche io, allora sentii che qualcosa di importante era avvenuto nella nostra vita, che un'epoca gaia e spensierata e felice, l'epoca della mia prima, deliziosa infanzia, si chiudeva. memorie di vecchi tempi - anteprima

mercoledì 1 luglio 2009

Memorie di vecchi tempi: 8 - Altri svaghi

Vol. I Bari 1920 - Bologna 1924 Spesso, quando si presentava l'occasione di qualche spettacolo un po' interessante, un po' diverso dal solito, i nostri genitori ci conducevano con loro a vederlo; così avvenne per qualcosa che mi colpì molto e che mi è rimasto impresso con una certa vivacità nella mente. Si trattava di una serie di personaggi in cera, che vedemmo nel grande baraccone di una fiera, quando avevo, forse, cinque o sei anni, e che, eseguite in grandezza naturale, rappresentavano scene prese da antiche storie o leggende, tipo Sigfrido che lotta con il drago oppure Genoveffa di Brabante nella foresta, in mezzo alle belve, oppure, ancora, rappresentavano episodi presi dall'Antico Testamento, ed erano eseguite in modo assolutamente particolare, in quanto i vari personaggi si muovevano, no solo, ma ...respiravano, sissignori, respiravano!!! Come gli artigiani, anzi gli artisti, poiché questi gruppi di statue erano veramente belli, fossero riusciti ad ottenere un simile risultato rimase un mistero, e l'impressione e la curiosità di tutta Bari fu enorme. Ricordo perfettamente la scena di Orlanduccio ed il leone, non poteva essere che quella, con una donna, la madre senza dubbio, che stringendo al petto un bambino, ansava vistosamente, con gli occhi pieni di terrore che si muovevano spalancati, mentre tutta la persona tremava di spavento, ed il leone, grande ed incombente, la fissava aprendo e chiudendo le fauci; nello stesso modo i guerrieri snudavano le spade, Sigfrido uccideva il drago, che dimenava la grossa e lunga coda, e poi angeli, beduini, cavalli, tutto respirava ed era in movimento, ma non con scatti legnosi e meccanici, ma con grazia e morbidezza, in modo dunque assolutamente naturale! Non ho mai veduto in vita mia più nulla di simile, e credo che nessuno mai lo abbia veduto. Si andava anche al cinema, qualche volta, e sempre ne uscivo frastornata, tesa e con un mal di capo da morire. Non mi ricordo di aver mai sofferto tanto con il dolore alla testa come in quelle occasioni! Eppure ci andavo volentieri, anzi con entusiasmo, anche se in fondo capivo poco di quelle immagini che si agitavano sullo schermo e che mi affascinavano; mi sforzavo spasmodicamente di arrivare in tempo a leggere le didascalie che apparivano tra una scena e l'altra, ma difficilmente ci riuscivo, da ciò la confusione e la stanchezza cerebrale che ne seguiva; aggiungo che non esisteva allora il divieto di fumare in sala, quindi dopo un po' di tempo una pesante nuvola di fumo ci avvolgeva tutti, una vera camera a gas! Ciononostante mi piaceva tantissimo: tutte quelle belle signore, pesantemente truccate, che ridevano o piangevano con tanto impegno, che si disperavano aggrappandosi ad ogni tenda, e ce n'erano tante! quei signori con baffi e cilindro che guardavano sdegnosi, ghignando, oppure si gettavano ai loro piedi strabuzzando gli occhi, mi meravigliavano proprio, e, nello stesso tempo, mi commuovevano; ascoltavo, poi, a casa, i commenti di mia madre, mentre ne parlava con babbo, e l'ammirazione che percepivo per le varie Lide Borelli, o per Francesca Bertini confermavano il mio apprezzamento per questo magnifico e fantasioso divertimento. C'erano poi i films con grandi movimenti di masse, che entusiasmavano tutti, dei quali naturalmente non ricordo che qualche titolo, il film "Quo vadis", per esempio, oppure "Christus", che mi commosse profondamente facendomi piangere a calde lacrime; un film del quale non ho più inteso parlare e che ci colpì moltissimo, Marcella a me, era intitolato, ricordo, "teodora imperatrice di Bisanzio", dove l'attrice aveva con , nei suoi saloni, perfino una tigre vera! Ritornate a casa, nei giorni seguenti, ci divertimmo un mondo a rifare, scimmiottandole, alcune di quelle scene e di quei personaggi, recitandole, abbigliate con vecchi vestiti di mamma, un po' convinte ed un po' ridendo senza neanche capire di che cosa si trattasse, tanto grande era il fascino che il fatto teatrale suscitava in noi! In realtà eravamo troppo piccole per intuire la straordinarietà del nuovo mezzo di spettacolo che si evolveva rapidamente sotto i nostri occhi; quei primi grandi films italiani, che dovevano diventare un modello, più tardi, per tanti celebri cineasti tedeschi e americani, apparivano a noi qualcosa del tutto naturale e l'accettavamo con molta più semplicità e naturalezza dei nostri genitori. memorie di vecchi tempi - anteprima
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