giovedì 14 gennaio 2010

Memorie di vecchi tempi: 17 - La città

Ecco via Andrea Costa, una via dall'aria modesta ma abbastanza movimentata, regolarmente adorna ai due lati di simpatici portici, che ricordo molto bene perchè in questa strada si trovava la nostra scuola, ed ogni mattino, per due lunghissimi inverni, la percorrevamo a piedi, spesso in fretta e furia, quando eravamo in ritardo, altrimenti tranquillamente, ed osservando i suoi negozi; ed un negozietto, in particolare, attirava sempre la nostra attenzione. Si trattava di un piccolo cartolaio, che vendeva un pò di tutto e nel quale eravamo felici di entrare ogni tanto, per comprare qualche quaderno nuovo, oppure delle matite per disegnare, o, mia segreta passione, dei pennini per la penna, belli, dorati, luccicanti, che facevano poi bella mostra nel mio portapenne di legno chiaro decorato con fiorellini dipinti. Anche giuocattoli, vendeva,ed in particolare ricordo dei burattini di legno per il teatrino, molto graziosi, fra i quali, con i nostri soldini risparmiati, scieglevamo di volta in volta qualche personaggio che ancora non possedevamo: un diavoletto, una principessa, un piccolo contadino, che aggiungevamo agli altri per comporre poi le nostre piccole rappresentazioni, insieme con Gianni e Mario, i nostri inseparabili amici.


C'era pure, fra gli altri, un piccolo negozio di frutta e verdure, dove facevano bella mostra di sè delle grandi teglie nere, da forno, colme di barbabietole rosse già cotte e fragranti ed inoltre grandi cipolle dorate dal forno, e molto spesso al ritorno da scuola ne compravamo, su commissione di mamma, ed erano davvero squisite, dolcissime; compravamo anche, e ci serviva da merenda nella ricreazione, una buona porzione, per ognuna di noi, di un'ottima focaccia, che chiamavano "crescenza", condita con salame o altro, che attirava il desiderio di tutti i bambini, con il suo profumo appetitoso di vivanda appena sfornata, ed era un piccolo piacere quotidiano al quale di rado rinunziavamo.




Porta Saragozza




Di Porta Saragozza ricordo lì'ampia piazza che la circondava, luminosa e tranquilla. Ci andammo, una volta, con mio padre, per una delle nostre rare passeggiate per la città.
Era piuttosto lontana dal quartiere dove abitavamo, prendemmo perciò il tram, che, giuntovi, fece il giro della piazza, con grande sferraglia di ruote, e si fermò.


Scendemmo e subito mi colpì la bellezza della grande ed antica porta, di pietra grigia, e splendente di luce rosa per l'imminente tramonto; erano le prime ore di un freddissimo pomeriggio invernale, ma la giornata era serena e asciutta, e mi sentii proprio felice di essere lì, in quella grande e luminosa piazza, con mio padre e la mia sorella maggiore, Teresa.

Da uno dei suoi lati essa saliva conducendo ad una verde collinetta, dove ci recammo e dove si trovavano dei bei giardini pubblici con dei bambini, pochi, che giuocavano con la palla, oppure con il cerchio, gioco allora in voga ed ora completamente dimenticato. Noi ci divertimmo a guardarli, senza però prendere parte ai loro giochi, forse per timidezza oppure ci sentivamo già troppo grandi per loro; tuttavia, per me, almeno, abituata a stare molto in casa, il solo fatto di trovarmi fuori, all'aperto, nel verde dei prati costituiva una vera felicità, mi sentii serenamente appagata e contenta.
Seppi poi che quel giardino era chiamato"la montagnola" ed era molto apprezzata dai bolognesi; infatti era molto graziosa e non l'ho mai dimenticata.


Che dire del resto della città? senza rendermene conto mi ci ero davvero affezionata e l'ammiravo senza riserve.


Mi piacevano in particolare le due famose torri, che si trovavano non lontano da casa ed ebbi perciò occasione di vederle spesso; la Garisenda, più bassa ed un po' tozza come forma e tuttavia sempre imponente, con la sua fisionomia antica e, ai miei occhi, abbastanza cupa ed inquietante. La torre degli Asinelli, di poco più lontana, era invece altissima, svettante nel cielo con la sua snellezza elegante, e, a mio parer, assai più bella e simpatica.
Solo più tardi capii che quel nome si riferiva ad una antica famiglia e non... a degli asinelli veri!
Ricordo anche la grande statua di Nettuno, in piazza San Petronio, la maestosa facciata della cattedrale, il palazzo di re Enzo, scuro e vetusto, con i suoi merli medioevali, e che nelle feste solenni, alla sera, si illuminava di fiaccole accese e splendenti; di là o nelle vicinanze, si partivano le più belle strade del centro, alcune, come via Rizzoli o via Indipendenza, piene di bei negozi moderni ed eleganti, sempre affollate di signore e signorine che confluivano poi regolarmente alla pasticceria Zanarini; altre, invece, pur essendo centrali, avevano un carattere molto più raccolto e tranquillo: sotto gli alti portici antichi e maestosi c'erano pochi negozi, assai belli e raffinati e vi regnava un'atmosfera fatta di severità e di antica grazia proprio affascinanti, e queste strade mi piacevano tantissimo, più delle altre e si chiamavano via Farini, via Santo Stefano ecc...

6 commenti:

  1. Ciao Mario,
    grazie per il primo brano specialmente, mi ha fatto rivivere la mia gioventu'i pennini d'oro me li ricordo anch'io . Adesso i clicchi sulla testiera del computer definiscono la nostra civilta' , progresso?

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  2. Già Laura, è un piacere leggere queste memorie. Anna era veramente una carissima zia ed era un piacere discorrere con lei.

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  3. Mariano, ricordo anch'io i pennini e i buchi nei banchi per i calamai. Avevamo tutti il grembiule nero perchè eravamo sempre tutti sporchi di inchiostro. Le cose sembravano immutabili allora, dal 1925, anno del racconto, agli anni 50 (quando io frequentavo le elementari) cambiò pochissimo. Oggi invece il tempo e le tecnologie corrono, eccome!

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  4. Ciao Mario,
    Te la ricordi la fascia che ci mettevano attorno al collo(parte del grembiule) come i pittori dell'800! E quei bei banchi col piano ribaltabile, che diventava una trincea quando gicavamo con le cerbottanne ad aria, mentre i maestri continuavano a scrivere sulla lavagna indifferenti al tutto. E la nostra fantasia che sempre galoppava piu' veloce. Bei tempi mi fa' piacere che ci accomunano.

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  5. E come no, Mariano, un colletto rigido bianco, che mi dava brividi di freddo al collo, specialmente d'inverno!

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