giovedì 28 maggio 2009

Memorie di vecchi tempi: 5 - Noi sorelle

Vol I Bari 1920-Bologna 1924 Non ho mai parlato in modo particolare di noi sorelle, voglio farlo ora per qualche minuto. Teresa era la maggiore di noi tre, ed aveva alla nostra partenza da Bari, dieci anni; io otto e Marcella, la piccolina di casa, sei anni. Teresa era, senza dubbio, la più bella e intelligente di noi; volitiva, estrosa, precoce in tutto. Aveva dei lunghi, bellissimi capelli castani, scuri, fini e morbidi come seta, tutti arricciolati naturalmente a boccoli, che le incorniciavano il visetto incantevole; gli occhi erano grandi, a mandorla, da cerbiatta, dolcissimi; la piccola bocca sembrava un bocciolo di rosa e quando sorrideva, tutta la fisionomia risplendeva. Era anche abbastanza alta e ben proporzionata. Aveva fatto l'anno prima la Comunione, ed ancora la ricordo, nel suo vestitino bianco di organza, così vaporoso con i suoi piccoli voullant arricciati, corto e grazioso, anche le manichette erano corte (allora non usavano abiti lunghi per questa cerimonia); con i suoi lunghi capelli bruni sulle spalle, sotto il velo bianco, era proprio deliziosa. Noi l'ammiravamo sinceramente, e le volevamo un gran bene, un bene, direi, rispettoso, perchè la sentivamo tanto più grande e più matura di noi, superiore in tutto, e per questo la nostra fiducia in lei era completa e profonda; eravamo e ci sentivamo delle bambine sane e tranquille, ma lei, Teresa, era proprio la stella della casa, e nel nostro timido affetto, eravamo fiere e prese di lei. Fisicamente ci differenziavamo molto fra di noi: io, la secondogenita, avevo una fisionamia molto seria, il visetto tondo, gli occhi nerissimi, piccoli e brillanti, e un'espressione candida e ingenua, ma non dolce. Non davo alcuna importanza ai vestiti, volevo soltanto che fossere comodi e semplici. Marcella era molto diversa da me e anche da Teresa; più che seria direi che la sua fisionomia infantile fosse piuttosto languida, sognante, mentre era intelligentissima e ben sveglia; però era spesso scontenta, aveva sempre qualcosa che non andava bene, rideva pochissimo, sempre attaccata alle gonne della mamma, paurosa e sensibilissima; il suo animo era però dolce e buono, giuocava molto volentieri con me e con tutti, purchè in modo tranquillo e ragionevole, cosa che a volte suscitava in me una reazione contraria ed allora... erano guai! Molto graziosa adorava i bei vestitini, e ci teneva parecchio ad averli, cosa che qualche volta mi meravigliava, per il fatto che non davo importanza a queste cose. A scuola andavamo piuttosto bene tutte e tre, e devo dire che su questo punto non abbiamo mai dato pensiero ai nostri genitori, nè, crescendo, abbiamo modificato notevolmente i nostri caratteri, nè i nostri gusti; quello che è stato bellissimo è stata la meravigliosa reciprocità del nostro affetto, il vivere con grande naturalezza quella fusione di sentimenti e di pensiero che ci univa, per cui non avevamo mai segreti l'una per l'altra, nè ombre, nè gelosie; la più completa fiducia e confidenza scambievole esisteva fra noi, pure nel rispetto totale delle nostre personalità. memorie di vecchi tempi - anteprima

Memorie di vecchi tempi: 4 - amici

Vol I Bari 1920-Bologna 1924
I miei genitori avevano stretto amicizia con molte famiglie locali, oltre che con quelle di ufficiali, come mio padre; mia madre appartenenva ad un'ottima famiglia della provincia di Brindisi; il nonno, suo padre, era una vera personalità, nella regione, sia come avvocato sia come uomo di grande cultura storica, (aveva anche scritto alcuni libri sulla sua città natia, Mesagne, regolarmente pubblicati in collane letterarie); conversatore brillante, aveva quel fondo di fine ironia e vivace arguzia della gente pugliese che affascinava. Purtroppo io non ho mai avuto la gioia di conoscerlo, ma la sua immagine era ancora molto viva nella società colta ed elevata di Bari, e di tutte le cittadine pugliesi; fra i suoi clienti e amici si contavano, per esempio, persone come i principi Caracciolo di Napoli, i marchesi Granafei, i marchesi Romanazzi, i Verola di Lecce, editori, costruttori e varie altre personalità eminenti della buona società barese. Mio padre era invece un giovane e brillante ufficiale, di ottima famiglia anche lui, un suo zio, Paolo Moccia, filosofo conosciuto, ebbe l'onore di avere intitolata a lui, dopo la sua morte una delle strade del suo paese natio, Grumo Nevano(vicino a Napoli); molto benvoluto e stimato dai suoi superiori, adorato dai suoi soldati per la magnimità del suo animo unita alla fermezza del comando, ed ad un vivo senso di giustizia. Aveva frequentato l'Accademia Militare di modena, ad era anche lui appassionato studioso di storia, specialmente rinascimaentale; quando Teresa incominciò a studiare la storia, nelle classi superiori, egli fu molto fiero di poter allargare le sue lezioni con particolari e notizie storiche che lo entusiasmavano. Ferratissimo anche in matemetica fu il nostro affettuoso nume tutelare in questa materia che, purtroppo, non piaceva a nessuna di noi sorelle! mentre, appassionato di musica e musicista egli stesso (aveva studiato a lungo il flauto ed aveva ancora un'eccellente tecnica) sovraintendeva con grande interesse ai nostri studi musicali, e, più tardi, gli piacque tantissimo dirigerci nell'esecuzione dei nostri primi, immancabili quattromani, cercando di metterci d'accordo nei nostri tempi un pò zoppicanti! E quale gioia fu per me, quando, a Bologna, fui in grado di accompagnarlo al pianoforte, mentre sul suo caro flauto eseguiva "il canto del cigno" del SainSaens! Ma torniamo ai nostri amici baresi, che furono tanti e tutti molto affettuosi, venivano spesso a trovarci intrattenendosi anche fino a tardi. Noi bimbe però facevamo una vita tutta a parte; la sera si cenava presto e si andava a letto.E mentre dormivamo, nei nostri lettini, ci capitava spesso di svegliarci per qualche minuto, al suono delle varie voci che venivano dal salone; oppure erano soltanto le voci dei nostri genitori, che parlavano fra di loro mentre facevano la loro piccola cena, e quanta pace e quanto amore in quelle brevi conversazioni, in quel tranquillo rievocare le varie vicende del giorno, fatte un pò sottovoce, nel silenzio della notte! ..................................................................................................................................... In alcune grandi occasioni, invece, per esempio, di ricevimenti, ci si permetteva di non andare a letto subito, ed allora, dalla nostra camera o dalla cucina, occhieggiavamo, gironzolando, l'arrivo degli ospiti, tante signore eleganti, signori, signorine; seguivamo tutti i preparativi in cucina, facendo qualche volta disperare le domestiche, osservavamo i fornitori che andavano e venivano portando vassoi con tante cose buone da offrire agli invitati, pasticcetti rustici da tenere bene in caldo ( nel rustico "forno da campagna" sui fornelli a carbone), torte dolci, paste fra le quali le famose "veneziane", spece di "diplomatici" di grande formato, e tante altre golosità. Mia madre si produceva a sua volta nel suo famoso "Pan ducale", rimasto memorabile in famiglia, specie di pan i Spagna delicatissimo, la cui pasta filante era stata lavorata per ore, e con tutte le sue energia da ventenne, dal nostro bravo attendente (devo dire che da allora non ho più mangiato nulla di più delizioso!); incuriosite ascoltavamo l'eco della musica che veniva da salone, il mormorio delle voci che si manifestava stranamente ad ondate, a volte più forte, a volte più piano. Quando divenimmo più grandine, fummo ammesse anche noi, almeno fino a una certa ora, a queste feste, con mille raccomandazioni ed ammonimenti di stare tranquille e non disturbare gli ospiti, istruzioni alle quali ci attenevamo scrupolosamente. Così potemmo ascoltare anche noi della discreta musica per pianoforte, suonata da qualche volenterosa amica di mamma, musica da salotto, del tempo, indubbiamente, ma che entusiasmava ugualmente gli ascoltatori; ricordo la signorina Agostinaccio, un cognome che mi impressionava notevolmente, alta magra, non tanto giovane, un piglio sicuro; la signora Carofiglio, dai candidi capelli ed il sorriso dolce, anche lei discreta pianista, che voleva il figliolo accanto a sè quando suonava per timore di emozionarsi troppo; poi c'era la signorina Franceschin che invece cantava le romanze in voga di Tosti e Denza, ed anche qualche bella canzone napoletana, mentre la bella e simpatica signora Verola, Nina, per mamma, della quale era carissima amica fin dalla prima giovinezza, in possesso di una magnifica voce di contralto, ci faceva ascoltare ogni tanto delle belle arie di opere, come " Stride la vampa" del Trovatore, oppure "O mio fernando" dalla " Favorita" di Donizetti. E le luci dei candelabri erano così scintillanti e tutti quei vestiti vaporosi, quei colori che affascinavano... a noi sembraba vivere in un sogno, così io lo ricordo ora, un vago e brillante sogno... E qui, cari amici, mi fermo nella trascrizione di questo capitolo, anche perchè mosso dalla commozione. Il testo prosegue ancora ed entra più nel merito della descrizione delle singole persone, un ricordo struggente di amici di un tempo, con i quali Anna ha condiviso una parte della vita, e con alcuni ha consolidato un amicizia durata anche per molti anni. Ma ho voluto solo riportare la prima perte del capitolo, dove Anna descrive (a mio avviso con grande efficacia) il contesto familiare e sociale del tempo, con i dolci occhi dell'infanzia, e sembra quasi di vederle queste tre sorelline origliare i discorsi dei "grandi" e godere dei momenti di gioia della famiglia. E' curioso osservare come anche ai "miei tempi" noi bambini venivamo mandati a letto presto , dopo "Carosello", e origliavamo il confuso borbottio delle prime televisioni serali... memorie dei vecchi tempi - anteprima

domenica 24 maggio 2009

memorie di vecchi tempi: 3 - La scuola

Vol.1° Bari 1920-Bologna 1924 Non ricordo chiaramente il giorno nel quale fui accompagnata a scuola per la prima volta; dovevo perciò essere molto piccola. Ricordo comunque molto bene il grande portone scuro che dava su un ampio cortile, in fondo al quale c'erano, a sinistra, le maestose scale che portavano ai piani superiori, dove erano le classi delle elementari, e, a destra lungo il muro principale del cortile, le porte a vetri delle aule a terreno, quasi tutte occupate dalle classi dell'asilo infantile, che io frequentai per un anno. Era davvero un'ampia e bella scuola, retta da Suore, le Suore di Nevers, se non sbaglio, e la scelta fu fatta da mia madre, io credo, oltre che per la serietà dell'istituto, anche per la sua relativa vicinanza alla nostra casa, fatto di capitale importanza per lei, che viveva nel terrore continuo che ci ammalassimo ;ciononostante molto spesso, quando pioveva o faceva molto freddo, poichè i tram erano inesistenti, ella ci faceva condurre a scuola in carrozza, una di quelle belle carrozze chiuse baresi di un tempo, ampie e ben tenute, imbottite di strapuntini blu e con solenne cocchiere in cassetta. E come si stava bene là dentro! che bel calduccino, e come era divertente sentire il ritmato calpestio degli zoccoli di ferro del cavallo in sintonia con il dondolio della vettura! Si trovava, questa scuola, all'inizio della cosidetta "Bari vecchia", un quartiere molto popolare ma caratteristico della città, con le sue basse case bianche di calce, assai malandate, animatissimo e pieno di venditori ambulanti e di ragazzini sciamanti dappertutto; doveva essere un antico convento, e quell'atmosfera un pò misteriosa e un pò nobile mi piacque sempre.Le aule erano grandi, ariose con grandi finestre che davano sul giardino interno, mentre la ricreazione si faceva nel cortile adorno di piante. C'era poi, anche, naturalmente, una piccola Cappella, dove, a turno, si andava al mattino per la preghiera, e, sempre per me si rinnovava una sensazione trepida e dolce, come entrare in un altro mondo, rassicurante e protettivo, pieno di pace e di mistero, così come era, raccolta e luminosa, tutta una profusione di fiori, specialmente in primavera, rose, gigli bianchi che profumavano intensamente l'aria e, con la loro vista rallegravano il cuore. Pure non è rimasto nel mio animo un ricordo particolarmente lieto dei miei primi anni di vita scolastica, trascorsi là, fra le figurine bianche e nere delle suore; forse la mia grande timidezza, forse il distacco dalla mia casa mi fecero sentire sempre estranea all'ambiente sereno che mi circondava. Nè incontrai, se non raramente, favore e simpatia fra le mie compagne, delle quali, alcune, anzi, approfittavano a volte, con l'inconscia crudeltà dell'infanzia, del mio impaccio e della mia ingenuità, dispettosette e turbolenti com'erano, cercavano di addebitarmi le più svariate piccole colpe, oppure mi canzonavano senza complimenti, gettandomi nella disperazione. .................................................................................................................................. Per quanto riguardò la mia istruzione, quella religiosa ebbe subito naturalmente, una certa importanza. Dirò che trovai questo insegnamento molto bello ed interessante, forse per quanto di soprannaturale, almeno per me, conteneva. Le antiche storie del Vecchio testamento, come......... oppure la storia di Noè e la sua arca, mi colpirono e affascinarono, e così tutti gli altri episodi della "Storia Sacra". Nè mi stupirono o meravigliarono I Misteri del catechismo, ai quali fui iniziata, anzi tutto mi sembrò bellissimo e naturale: la mia fede fu subito forte, assoluta, profonda. Anche le altre materie mi interessarono, e, in verità, riuscivo abbastanza bene in tutto, senza sforzo ma anche senza pigrizia e lo studio era condotto dalle suore inseganti con molta serietà ed efficienza, curavano molto le scienze, l'italiano, l'ortografia ed anche la calligrafia, nella quale, non so perchè, trovavo molte difficoltà. Comunque, prima di chiudere questo capitolo sulla mia prima frequenza scolastica voglio dire che fu pure là, fra le grigie pareti di quell'istituto, che ricevetti le mie prime lezioni di musica, che tanta importanza doveva avere nella mia vita. Un'anziana, severa suora, che però stranamente non mi intimidiva, mi diede i primi apprendimenti; forse il fatto che imparavo con estrema facilità, o volontà di studio che notava in me, addolciva la sua severità, e la mia fresca e spontanea passione musicale ci accomunava in una silenziosa e riservata simpatia. Fu certamente a lei che dovetti una corretta impostazione della mano nel suonare il pianoforte, specialmente la mano sinistra, di solito tendente ad essere difettosa, fu molto curata dalla mia insegnante, ed è stata una delle più salde ragioni dei miei progressi musicali. E di questo le sono stata senpre riconoscente. memorie dei vecchi tempi - anteprima

mercoledì 20 maggio 2009

En plein air

Lo so, sono pigro, anzi pigrissimo. Dicono che un "vero"pittore, un "vero" acquerellista non può non lavorare en plein air. Basta con gli acquarelli fatti nel chiuso di un atelier! Devi assaporare il gusto dell'aria libera!dei colori veri, non filtrati e deformati dal mezzo fotografico. Vai allora!, sulle orme degli impressionisti, che si sfinivano, con i loro cavalletti pesantissimi, le tele, i colori ad olio e le grandi camminate nel gelo della Normandia o nel caldo torrido delle estati di Provenza! Ma io sono pigro e poi o fa troppo freddo o fa troppo caldo, non ci sono più mezze stagioni, accidenti.


  Ma ieri, mercoledì 20 maggio, ho preso la pigrizia per le corna e ho deciso: vado! Devo dire che per me non è solo una questione di pigrizia, è anche una questione tecnica, non sono abituato a dipingere all'aperto, che è un modo di lavorare tutto diverso rispetto a quello abituale, nel chiuso di uno studio di pittura. Ecco dunque che metto insieme il materiale: un cavalletto da esterni, mai usato; due bottiglie d'acqua; album; piastrelle bianche di ceramica e colori in tubetto; il set di pennelli; le mie matite e gomme, una sedia pieghevole da campeggio.E, naturalmente l'immancabile "panama" da vero impressionista! Il posto l'ho già individuato: è sulla strada per Monticello, 10 minuti di auto da casa. Mi muovo tardi, verso le 11,30, dopo la seconda pipi di Billi (il cane). Fa un caldo pazzesco, ma mi piazzo in un bel posticino all'ombra. L'ombra dura poco però, infatti poco tempo dopo... Intanto, pur procedendo nel disegno e nella prima impostazione di colore, mi accorgo: a) di aver dimenticato un recipiente per versarci l'acqua, e quindi intingerò i pennelli direttamente in bottiglia e b) di aver perso un pennellino con relativo e preziosissimo copripennello trasparente Quest'ultimo problema, soprattutto, mi getta direttamente nell'angoscia, con quello che costano i pennelli!!! e poi è caduto nell'erba cosparsa di fili dorati di erba secca, per cui assolutamente mimetizzato con essi! Passo circa 20 minuti, accucciato, alla mia tenera età, tastando il più possibile con le mani e i piedi, nell'immediato intorno del cavalletto. Intanto sono già le 13,30 e il caldo è davvero insopportabile. Finalmente, trovo il pennellino e tiro un sospiro di sollievo ma mi accorgo anche di avere una sete boia, e non ho portato alcunchè da bere, sono già praticamente disidratato. Decido allora di affrettare il lavoro. Il sole ed il riverbero sono accecanti e non riesco quasi a vedere le composizioni di colore! Alle 14,15 precise decido: è ora, finito o non finito, vado. Ecco, questa è la cronaca di una prima esperienza, il risultato è quello che è, ma di più non potevo fare. Per il momento mi accontenterò di questo:


Riproverò in atelier ...al fresco

Pomagagnon

acquarello 49 x 39 cm 2009

lunedì 18 maggio 2009

Pietre

Discendi nel giardino o sulla strada, e raccatta la prima pietra tonda od ovale che ti capiti tra i piedi; non troppo bianca, né troppo oscura; e più sarà liscia, meglio sarà, purchè non sia rilucente.

Porta la tavola vicino alla finestra e metti la pietra, che suppongo press'a poco della grossezza di a, fig 5 (non in questo testo) (ed è meglio che non sia molto più grande), su di un pezzo di carta non bianca affatto, di fronte a te sulla tavola. Collocati in modo che la luce venga dalla tua sinistra, per non essere impedito dall'ombra del lapis, che altrimenti si intrometterebbe tra la tua vista e il tuo lavoro. Non devi lasciar cadere il sole sulla pietra, ma soltanto la luce ordinaria; scegli perciò una finestra donde non entri il sole. Se puoi chiudere le imposte delle altre finestre della stanza, sarà molto meglio, ma ciò non ha grande importanza.

Ora, se tu riesci a disegnar bene questa pietra, tu potrai in seguito disegnare qualunque cosa; intendo dire qualunque cosa che si possa disegnare. Molte cose ( la schiuma del mare, per esempio) non si possono disegnare; se ne può dare solo un'idea più o meno approssimativa e convenzionale; ma se riesci a disegnare giustamente la pietra, ogni cosa che sia nel dominio dell'arte sarà pure in quello delle tue forze. Imperocchè il disegno dipende anzitutto dall'abilità nel rappresentare la Rotondità. Una volta che tu ti riesca, tutto il resto è facile e viene da sé; se invece non vi riesci, nessun'altra cosa che tu sappia fare potrà esserti utile. Poiché la Natura è tutta creata sul principio della rotondità; non è la rotondità di globi perfetti, ma quella di superfici variamente curve. I rami sono tondi, le foglie sono tonde, le pietre, tonde; tonde sono le nubi, tonde le guancie e tondi i riccioli; in natura, come non vi ha il vuoto assoluto, così non vi è una cosa perfettamente piana. Il mondo stesso è tondo, e tale è, più o meno, tutto quanto esiste su di esso, salvo quanto è opera dell'uomo, la quale, invero, è spesso molto piatta.

Accingiti, dunque, seriamente, a riprodurre la rotondità di quella pietra, e avrai vinto la battaglia.

The Elements of Drawing (Paperback) 1857

John Ruskin

martedì 12 maggio 2009

Memorie di vecchi tempi: 2- La nostra casa

Vol.1° Bari 1920-Bologna 1924
Voglio ora descrivere con maggiore esattezza la nostra vecchia casa di Bari, alla quale tanti lieti ricordi sono legati. Entrando, l'ingresso era piuttosto ampio, come ho già detto; c'era, subito davanti, una porta a due battenti, come in massima si usava allora, che dava nel salone, anzi nel "salotto buono", e lo si nominava con un senso di rispetto, con le due rosse poltrone, il grande divano, lo scintillante lampadario di cristallo, le grandi "stores" rosse che incorniciavano i balconi, e poi tanti gingilli sui piccoli mobili, sui numerosi tavolini, e quadri, tappeti fioriti di rose... tutto ciò mi sembrava splendido e mi piaceva moltissimo.
In fondo al salone, a destra, un'altra porta immetteva nella camera da letto dei miei genitori, vasta e luminosa, con un bel balcone anch'essa, che si affacciava sul largo corso Vittorio Emanuele. Della stanza da pranzo ho già detto; essa era una specie di "comune", dove si pranzava, e dove mamma riceveva qualche amica intima; da un lato infatti c'era un divanetto in legno e imbottito, come le poltrone, un po' in stile Luigi Filippo, oltre alle summenzionate altissime palme verdi. Accanto ad essa c'era la nostra camera da letto, che io ricordo piuttosto vagamente.
La vita trascorreva, per noi bimbe, serena; ricordo ancora quelle giornate felici, quando il nostro mondo era racchiuso nella nostra casa, nei nostri giochi tranquilli, nei nostri piccoli sogni. Non avevamo amichette personali che vedessimo giornalmente, eravamo già in tre, e affiatatissime; per quanto la nostra sorella maggiore, Teresa, si sentisse "grande" ( e non aveva che due anni più di me!), pure ogni tanto si divertiva anche lei ad inventare giuochi, con molta fantasia ed estro, in verità, e la cosa ci divertiva moltissimo. Ma Marcella, la più piccola, e io, eravamo inseparabili; ella era delicata di salute, di animo molto sensibile e tenero, in suo confronto io ero un po' come una rupe sulla quale invano si infrangono i flutti del mare; ma appunto questa diversità fra noi ci permetteva di comprenderci bene, in un certo senso ci completavamo. Per esempio a lei piacevano tanto le cose piccoline, quasi minuscole, bottigline, immaginette, scatoline, cosine graziose che spesso i negozianti usavano regalare come réclame ai clienti più di riguardo, e di tutte queste cose Marcella era molto fiera e molto gelosa. A me invece non importava affatto di possederle, e quando a volte per ischerzo facevo mostra di prendergliele apriti o cielo! pianti ed escandescenze da parte della piccola e ricorso alla mamma. Invece a me piaceva tanto leggere; avevo appena incominciato a famigliarizzarmi con il sillabario e fatte le prime letture a scuola, quando presi ad appassionarmi ai primi facili libri di fiabe, Pinocchio oppure Cappuccetto rosso, o altri; mi mettevo rincattucciata da qualche parte e dimenticavo tutto, mettendomi a compitare sottovoce, mentre la mia fantasia viaggiava immaginando le avventure descritte, e, cosa più importante, immedesimandomi in esse, al punto di continuare a rimuginarle nella mia testolina anche dopo, a letto, a scuola, magari abbellendole o variandole con particolari fantasiosi. E questa è stata per molti anni una della mie gioie più grandi, questo rivivere in me stessa, da protagonista o da spettatrice le varie vicissitudini dei personaggi, in paesi strani e fantastici, modificando e aggiungendo finali che più mi affascinavano. Naturalmente con l'età questo gusto si affievolì e poi scomparve del tutto, facendo uso un po' più razionale della lettura, sempre da me prediletta, ma allora, bimbetta appena, trovavo in esso esplicazione al mio desiderio di espansione, di conoscenza, di evasione dal mio piccolo mondo, e godevo immensamente di quelle meravigliose storie di bimbi, di gnomi incantati, di magiche fate.
memorie di vecchi tempi - anteprima

Appena prima del risveglio

Acquarello 42 X 38 cm 2009

sabato 9 maggio 2009

Memorie di vecchi tempi: 1- Infanzia

Vol.1° Bari 1920-Bologna 1924

Così io vedo me stessa, bimbetta di pochi anni, stranamente vivente in un sogno fatto di tante dolci cose, ma anche di paurosi incubi, attraverso esitante una buia sala di ingresso, ed entrare in una vasta sala da pranzo, anch'essa piuttosto buia, dai mobili chiari, adorna agli angoli di altissime palme ed altre piante verdi (esse erano l'orgoglio di mia madre); non aveva finestre, in compenso, da una parte, c'era una grande vetrata, solitamente chiusa, ma luminosa, dai vetri smerigliati a vari disegni, che dava nella grande cucina, regno delle domestiche e dell'attendente.
la villa " La Vergine" sulla via di Latiano (chissà se c'è ancora)
Piante, bellissime e verdissime, ce n'erano un po' dappertutto; poichè mia madre aveva vissuto, fino al suo matrimonio, in un grosso paese, Mesagne, vicino a Brindisi; durante l'inverno nel palazzotto di famiglia, nel cuore del paese, e moltissimo, per la più parte dell'anno, in campagna, nella grande villa fatta costruire dal nonno, "La vergine", sulla via di Latiano, una grande tenuta che mi affascinava per la grande estensione e per il fatto che, a un certo punto, era attraversata dal passaggio del treno, cosa che ci divertiva moltissimo ed era meta di passeggiate quasi quotidiane. Mia madre aveva perciò un vero culto per tutto quanto riguardava le piante ed i fiori, e non poteva vivere senza sentirsene circondata; spessissimo, nel raccontare la sua vita giovanile, una nota di nostalgia vibrava nella sua voce sonora, rammentando il chiaro di luna, in estate, sul lungo viale dei "corbezzoli", altissimi e folti alberi dai frutti rossi come fragole ma dal sapore asprigno e selvatico, dove di passeggiava fino a tardi, per godere un po' di fresco dopo la lunga giornata assolata e caldissima. Per questo, per quanto stava in lei, adornava la casa e curava con grande amore le numerose piante, che coccolava un po' dovunque nell'ingresso, sui balconi, nella sala da pranzo, ed alcune sul piccolo terrazzo interno, al quale si accedeva dalla nostra camera da letto o dalla cucina e che aveva trasformato in una vera piccola serra di fiori. Non ero, penso, una bimba precoce, ma intelligente e fantasiosa sì; e quanti bambini da me conosciuti, non erano anch'essi, come me allora, bambinetta attonita e pure ardente di una complessa vita interiore, affacciarsi, distaccati, sulla'alienante mondo della realtà? Il mio mondo era ben diverso: vago, pieno di sensazioni ora luminose, ora terribilmente oscure, con un senso di fatalità incombente sulla mia piccola persona, tanto da togliermi completamente qualsiasi velleità di resistenza; da ciò forse quella mia impassibilità in ogni occasione familiare particolarmente seria, spesso scambiata dai miei per indifferenza, o, anche forse, per insensibilità di animo. Le rare volte che mi divertivo a tracciare segni, col mio ditino, sullo specchio grande dell'armadio di mamma, intravvedevo con mia sorpresa, due occhi neri, non grandi, che mi guardavano brillanti ed assorti dalla lastra lucente, ed anche il faccino dove erano quegli occhi era molto bruno, rotondetto, e bruna era anche la lunga frangetta di capelli che sfiorava le sopracciglie ben disegnate e nerissime. Mi trovavo molto brutta, forse non lo ero, proprio non so, ma ciò che mi innervosiva e mi faceva allontanare indispettita dallo specchio era il fatto che non mi riusciva proprio di credere che quella faccia fosse proprio la mia, quella bocchina, quella personcina un po' grassoccia e goffa fossero mie; mi sentivo talmente diversa ed estranea a quella fisionomia là, nello specchio, che proprio non riuscivo a riconoscermi in essa. Solo più tardi, molto più tardi, incominciai ad abituarmi al mio viso ed a rassegnarmi che fosse fatto proprio in quel modo! Ci eravamo trasferiti a Bari, da Napoli, quasi subito dopo la mia nascita; non ricordavo quindi assolutamente nulla della mia città natale, ed in realtà non ci pensai mai; in quella grande casa, dove abitavamo, dalla fisionomia antica, dagli altissimi soffitti, sempre un po' buia, io mi sentivo del tutto a mio agio; essa era il mio regno, il mio silenzioso regno, ed è proprio questo, il silenzio, ciò che ricordo maggiormente in quei primi anni,uno degli elementi più preziosi e belli che mi circondava. Esisteva davvero, oppure era uno dei doni della mia candida infanzia? Quel non afferrare che a tratti i brutti rumori esterni, le grida vivaci delle domestiche sui poggioli interni, lo sbalzellare delle ruote pesanti sul selciato ineguale delle strade, le discussioni dei grandi, i pianti e i bisticci delle sorelline! memorie di vecchi tempi - anteprima

venerdì 8 maggio 2009

memorie di vecchi tempi - anteprima


Scartabellando e riordinando la mia libreria ho ritrovato, un po' nascosta da una pila di volumi una vecchia cartellina di carta rosata contenente un vecchio dattiloscritto. Sapevo di averlo conservato, ma erano anni che non mi capitava di sfogliarlo. Un vecchio e voluminoso dattiloscritto, probabilmente redatto con una "lettera 22", la mitica macchina da scrivere della Olivetti, con molti caratteri un po' rovinati. In realtà si tratta di una fotocopia, perché l'originale forse è andato perso, e io non l'ho mai avuto. Il dattiloscritto è suddiviso in tre raccolte di circa 100 pagine ciascuna in carta UNI A4. Fu scritto da Anna Maria Galasso, mia zia, la sorella di Teresa , mia madre , in un momento molto triste della sua vita. Aveva appena perso prematuramente il marito e forse per affrontare il dolore aveva cominciato a dipingere e a scrivere dei ricordi, delle memorie. Il titolo di questo racconto è "Memorie di vecchi tempi" e descrive la sua vita di adolescente negli anni dal 1920 fino al 1934. Ricordo che quando l'ho letto mi ha sorpreso moltissimo ed emozionato. Sorpreso perchè è un bellissimo racconto di un tempo passato, spesso freschissimo e godibilissimo, e denota una grandissima capacità di far rivivere il "clima" di quel tempo attraverso mirabili descrizioni di cose, ambienti domestici, luoghi, aneddoti e innumerevoli personaggi, così come affioravano alla sua memoria. E mi ha emozionato perchè ho ritrovato la descrizione di mia madre, giovinetta ed adolescente, vista attraverso gli occhi affettuosi della sorella. Anna, Teresa e Marcella erano tre sorelle di una famiglia benestante del sud Italia, credo tutte e tre nate a Napoli, ma poi trasferitesi, con la famiglia a Bari, Bologna, Napoli, Firenze, e infine a Roma. Come si può intuire mio nonno era un ufficiale dell'esercito italiano che ha girato un po' per l'Italia. La storia racconta dunque un periodo di 14 anni e i tre volumetti sono appunto relativi a : I - Bari 1920 Bologna 1924 II- Napoli 1926 1930 e III - Firenze 1930 1934 . Ricordo con grande affetto zia Anna e zia Marcella nelle mie numerose visite a Roma con mamma e papà. Erano due persone straordinarie, di grande cultura, Anna era diplomata al conservatorio in pianoforte, ed era un piacere ascoltarla suonare, e Marcella era una donna di rara simpatia e di grandissima intelligenza. Scrive Anna all'inizio del suo racconto :
Perchè non voglio dimenticare. Perchè è giusto che non sia dimenticato. Perchè nella vita di una persona, anche nella più comune e normale c'è tutto un mondo ignorato che può anche essere affascinante, dal quale ognuno di noi, forse, può trarre conforto o insegnamento.
Teresa, mia madre, è mancata nel 1989, Anna e Marcella si sono spente a pochi giorni una dall'altra alcuni anni or sono. Quando ho riletto questo testo ho pensato, da "figlio" del nord Italia, che questa è anche una storia, come tante, di un legame profondo nel tempo e nello spazio tra nord e sud, e mi fa riflettere sul come sia bello sentirsi fortemente radicati in questo nostro Paese, tutto intero. Pubblicare tutto il dattiloscritto, che contiene anche molte fotografie d'epoca (purtroppo poco leggibili perchè son fotocopie di foto), è arduo, però ogni tanto potrei pubblicarne qualche brano. Credo che zia Anna ne sarebbe stata felice.

mercoledì 6 maggio 2009

Appunti di viaggio: vivere in masseria

Ho voluto provare a soggiornare almeno per un giorno intero e due notti in masseria. Ho trovato su internet una delle tante masserie a disposizione dei turisti in Puglia, e nel Salento in particolare. Mi ha attratto un sito accattivante. Si sa, i siti in genere rendono bello qualsiasi luogo, ma questo per bellezza era proprio attraente... E allora arriviamo ad Alessano, in provincia di Lecce, a tre km dalla bellissima costa salentina sull'Adriatico e a 8 km da Santa Maria di Leuca. Ci accoglie Danilo, il proprietario, diciamo più che sorridente, e ci invita a posare le valigie e ad entrare in masseria dal cancello oltre l'incrocio stradale. Siamo di fronte in effetti a un muro continuo alto crca due metri, o più, e Danilo è appena uscito sulla strada da una piccola porta, l'unica mi pare di questo muro. La Masseria si presenta dunque racchiusa in una alta cinta muraria, una sorta di casa fortificata, articolata all'interno in alcuni corpi di fabbrica. All'interno incontriamo anche Luciana, la simpatica proprietaria, conduttrice con Danilo della struttura. La masseria è una struttura antica, supervincolata dalla soprintendenza sia sotto l'aspetto paesaggistico che archeologico. Le diverse parti che la compongono, la torre, il corpo di fabbrica adibita a sala da pranzo, le sette camere ricavate dalle zone dove anticamente erano ricoverati gli animali, sono state realizzate in epoche diverse a partire dal XV secolo. Luciana e Danilo hanno recuperato la masseria rispettando scrupolosamente il segno dei tempi senza falsi restauri, ovviamente adeguandola con tutti i sevizi che una moderna struttura turistica richiede. La sala da pranzo è bella, calda e accogliente e si pranza o cena tutti insieme su grandi tavoli di legno. Quando non c'è molta gente, alla sera in particolare, Luciana e Danilo si uniscono agli ospiti in allegra compagnia, ed è immediato darsi tutti del "tu". Si consumano quasi esclusivamente prodotti delle masseria, che è costituita infatti anche dall'azienda agricola. Danilo regna in cucina e crea, sempre allegramente, meravigliosi banchetti, non proprio appropriati da gente come me perennemente in dieta. Ma quando si è in vacanza... Molti complimente Luciana e Danilo, vi auguro tanto successo, ve lo meritate. Non dico di più, perche il bellissimo sito della biomasseria Santa Lucia è assolutamente completo ed esaustivo. un caro saluto Luciana e Danilo!

martedì 5 maggio 2009

IL VIAGGIO di Ettore Maiotti















Ettore Maiotti e Mario Piana alla mostra "La Bottega delle Arti" alla galleria Bolzani a Milano - 7 maggio 2009


  Ettore Maiotti è il mio Maestro. L'ho conosciuto leggendo uno dei suoi numerosi libri, il "Grande Manuale di Acquerello", un libro che mi è capitato di sfogliare quasi per caso, prestato da un'amica. E mi ha colpito subito, non solo per la completezza la ricchezza di contenuti e la chiarezza di esposizione, ma anche perchè tra un consiglio , un' un'indicazione tecnica e l'altra, il testo racconta una storia di vita artistica vissuta, sempre con grande intensità. E' dunque molto di più di un manuale di pittura, è un libro scritto a due mani, con Luisella Lissoni, anch'essa mia preziosa Maestra. E sono quindi diventato un assiduo frequentatore della loro scuola a Milano, la "Bottega delle Arti".
Ettore ha scritto alcuni pensieri , con la passione che gli è connaturata, quasi uno sfogo , e li ha dedicati ai suoi allievi, e quindi anche a me. Li voglio pubblicare qui sul blog, perchè a me sono piaciuti moltissimo e, confesso, mi hanno anche un pò emozionato.


IL VIAGGIO
Cos'è il viaggio nel senso comune? L'itinerario, il percorso, il tragitto,la traversata, l'escursione, la gita, la crociera, il volo, il giro, l'esplorazione, il pellegrinaggio, il trasporto, l'evasione, la distrazione. Nel linguaggio attuale lo sballo, il trip. Se osserviamo l'Arlecchino di Cèzanne e l'Arlecchino di Picasso, possiamo capire che viaggio ha fatto questo personaggio in pittura. Oppure quando Newton fece viaggiare la luce solare attraverso un prisma di cristallo facendo apparire lo spettro solare . Possiamo immaginare il viaggio dall'arcobaleno, partendo dagli esperimenti con il pulviscolo d'acqua realizzati da Francesco Bacone arrivando ai colori simultanei di Chevreuil. E che viaggio hanno fatto i pittori con queste scoperte, da Turner a Monet a Klee. Dalla pittura di paesaggio realizzata per stesura in studio , alla pittura realizzata per accostamento all'aperto e alla pittura per accostamento in studio (termini di cui si è persa la conoscenza e il signifacato). Fino a 50 anni fa per un pittore la parola formazione aveva tra i suoi significati quello del percorso attraverso il quale una mente si arricchisce. Il viaggiatore è chi si mette in viaggio solo per partire. L'ignoto inaccessibile. Lo studio della pittura, i desideri, i sogni sono i motivi del viaggio. Ma anche molte altre cose come l'utopia. In una frase di Eduardo Galeano é ben spiegato questo pensiero: l'utopia é come l'orizzonte, ti avvicini di un passo lui si allontana di un passo, ti avvicini di dieci passi lui si allontana di dieci passi,l 'orizzonte è irraggiungibile. Allora a cosa serve l'utopia, l'utopia a questo serve: serve a farti camminare. La pittura, la pittura vera, non parlo di mercato, delle biennali, triennali o quadriennali, non parlo di bambini di plastica impiccati agli ai rami degli alberi, vacche squartate e messe sotto plastica o delle istallazioni. Parlo dei Caravaggio, dei Van Gogh, dei Klee, dei Malevic, dei Mondrian, dei De Staell, o dei Rotko dagli Afro. Parlo delle correnti artistiche che per affermarsi doveva trascorrere una generazione, un movimento culturale. Dopo le botteghe, dopo le accademie, le correnti artistiche nascevano negli atelier . Nell'atelier di Gleire Nacque l'impressionismo. I Fauves si formarono nell'atelier di Gustave Moreau. Il fiume di denaro che i mercanti d'arte riescono a creare su una corrente artistica a pittore morto è enorme. L'america vince la guerra sul mondo. Tutto è bello se il vincitore è democratico. Ma L'america ha bisogno di essere anche il modello culturale e, con un colpo di genio assume la paternità della prima corrente artistica inventata dai mass media: la Pop Art. Un frullato di vetrinistica, grafica, fumettistica. Niente a che fare con la pittura. L'arte è solo l'idea unica, scioccante, raccapricciante, l'opera d'arte deve attorcigliare le budella come a chi è testimone di un suicida che si butta dalla finestra del decimo piano e si sfracella davanti ai suoi piedi. Per ottenere questi risultati non occorre conoscere il mestiere della pittura, basta avere idee come un creativo pubblicitario in depressione. Non è necessario che chi ha le idee sappia realizzarle, troverà qualcuno in grado di farlo per lui. Seguendo questa logica, un pilota d'aereo che lancia un missile su un ospedale e fa una carneficina, potrebbe essere paragonato a un pittore rinascimentale alla corte dei Medici. Questa trasgressione di moda la chiamo conformismo trasgressivo. Tristo è quell'allievo che non supera il maestro! Leonardo invitava i giovani al viaggio. Leonardo studia da Verrocchio, Vincent van Gogh studia da Mauve, Cezanne con Pissarro, Pissarro da Gleire. Matisse da Moureau. Si potrebbe partire da Pasmoore e a ritroso arrivare fino a Giotto, il primo pittore che firma le sue opere. Un lungo viaggio che si ferma ai significanti dell'informale. L' arte decisa dal marketing è responsabile del crollo delle scuole d'arte europee, le più grandi del mondo. Il marketing e i mercanti hanno fatto più danni nell'arte figurativa di quelli fatti dalla nascita del cristianesimo sull'arte greca e romana. Per ritornare alla bellezza dell'arte greca e romana ci vollero 1500 anni e il movimeno culturale nato alla corte di Lorenzo il Magnifico: il Rinascimento. Quanto ci vorrà per riparare i danni del movimento culturale del Marketing. Quale sarà il giovane che partirà per il viaggio della pittura come un impressionista o un fauve? Non c'è niente di più conformista di questo anticonformismo tatuato, imperlato, griffato, omologato, drogato, deodorato, pube-rasato deciso dal marketing. Come potrà viaggiare il libero pensiero se è vero solo ciò che fa mercato, se é bello solo ciò che vende, se l'arte è uno status simbol? Siamo bombardati da una bellezza che non ci piace, andiamo dal chirurgo plastico non perché devastati da un incidente ma per assomigliare a qualcuno che assomiglia a qualcun' altro che si è rifatto guardando una foto. Il viaggio del nostro spermatozoo che ha vinto la corsa sugli altri era il più dotato o era un cretino fortunato? L'umanità é impazzita? Siamo fatti per il 90% di acqua e inquiniamo l'acqua, viviamo respirando aria e inquiniamo l'aria. Ma questa non é pazzia? Stiamo viaggiando dall'uomo sapiens sapiens all'uomo diversamente sapiens? Per chiudere riporto una frase di Vincent Van Gogh "... dipingere é un modo d'amare e amare significa donare disperatamente se stessi. Vi auguro buon viaggio Ettore Maiotti Ettore Maiotti e Luisella Lissoni sono su Facebook

Un incontro inaspettato

Trani: la Cattedrale
Per una strana coincidenza, quasi negli stessi giorni io e mio fratello Pio abbiamo programmato un viaggio in Puglia. Lui con Lucia da Villa del Conte, dove risiedono, io e Nella da Carate Brianza. Considerate le modalità del viaggio, Pio in comitiva e io per conto mio, e i percorsi solo in parte coincidenti e non negli stessi giorni, non ci siamo dati alcun appuntamento
Ma mentre passeggiavamo per negozi e souvenir, in una affollata Otranto del 1° maggio, Nella ha scorto tra la folla due turisti molto familiari! Incredibile ma vero! erano proprio Lucia e Pio! ed è forse qualche anno che non ci incontravamo...
Otranto: acquarelliste al lavoro

lunedì 4 maggio 2009

Il ritorno

Matera: Sasso Barisano
Eccomi, son tornato. E' stato un bellissimo viaggio, il tempo è stato clemente, ad eccezione di due pomeriggi piovosi, ho avuto sempre il sole, anche se con un venticello insolitamente freddo. Non farò un resoconto del viaggio perchè non ne sono in grado, o almeno non so farlo come vorrei che fosse. E non ho nemmeno acquarelli da mostrare!! da buon "turista" e non da "viaggiatore" non li ho portati. Avevo solo una piccola macchina fotografica che ho usato abbastanza male, addirittura non mi sono accorto di aver impostato una sensibilità troppo elevata che mi ha letteralmente bruciato le foto di Ostuni (per fortuna solo lì). Ciononostante, forse, qualche appunto di viaggio lo farò, ma non vi prometto niente. Per il momento accontentatevi del percorso: fino a Bari in aereo, poi subito a Trani, quindi Matera, Lecce, Alessano in una splendida masseria a pochi chilometri da Leuca, e le due coste, quella adriatica da Otranto a Santa Maria di Leuca, e quella Ionica fino a Gallipoli. A parte le splendide città, di cui avevo già consapevolezza, ho scoperto il Salento, un luogo ancora tutto da vedere , a torto poco valorizzato, stupendo e accogliente da ogni punto di vista, insomma un luogo da ritrovare. a presto
Mario
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